La vittoria di Trump di ieri ha sconvolto molti, me compresa, inutile negarlo. Mi sono sentita trafiggere il cuore come nella foto qui sopra di Slinkachu. Paura, rabbia, incredulità sono stati i sentimenti che mi hanno accompagnato per gran parte della mattina.

Poi ho letto un post di Mark Ruffalo, sì lui, l’attore: «Sapete cosa facciamo adesso? Finiamo di costruire ciò che abbiamo iniziato e contrattacchiamo! Alzate la testa fratelli e sorelle». Just as simple as that.

Due righe semplicissime che mi hanno illuminato. Anche Obama, presidente uscente, aveva dichiarato proprio prima delle elezioni: “Qualunque cosa succeda, il sole sorgerà al mattino”. Cosa significa? Beh, in un certo senso quello che afferma Antoine-Laurent de Lavoiser nel suo famoso postulato “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma“. Certo, Lavoiser, parlava di conversione della massa in senso scientifico e qui si parla di altri tipi di masse, ma passatemi il paragone e cogliete il messaggio: niente è finito con la vittoria Trump e c’è ancora tanto da fare.

E subito dopo, come ormai un segnale impossibile da ignorare, è arrivato il discorso di Hillary Clinton. Certo, inevitabilmente ha affermato la sua tristezza per il risultato delle elezioni e con la correttezza tipica statunitense (e dal punto di vista italico un po’ invidiabile) ha sottolineato: «Dobbiamo accettare questo risultato e guardare al futuro. La nostra democrazia prevede un trasferimento di potere pacifico e noi vogliamo che sia così». Ma non si è fermata a dire ciò che sembra ovvio e ha riempito di concretezza quel “guardare al futuro” ricordando agli americani (e a me) come quella stessa democrazia richieda un impegno che non si esaurisce nel momento in cui le urne si chiudono. La stessa democrazia che deve necessariamente racchiudere e onorare lo stato di diritto, i principi di libertà, giustizia e uguaglianza. Per tutti, ma proprio tutti. Principi che rimangono – appunto – e che devono continuare a essere non solo onorati, ma anche difesi.

Hillary, che poteva essere la prima donna presidente degli Stati Uniti, ha perso e perdere fa male ma, lo dice chiaramente, che l’errore, lo sbaglio, il fallimento, non deve portarci a pensare che non valga la pena continuare a lottare. Ne vale la pena, ne vale sempre la pena. Specialmente quando nel mondo sembra tirare un vento freddo, inospitale, caricato di bugie e populismo. Trump ha vinto e Hillary non era di certo la candidata migliore che il Partito Democratico statunitense potesse produrre, ma non per questo dobbiamo lasciarci andare e abbandonare le nostre convinzioni in una scatola chiusa chiamata utopia. Niente è andato distrutto delle convinzioni che battono nel nostro cuore e, anzi, c’è ancora più bisogno dell’impegno di ognuno di noi nel difendere e nel costruire una realtà migliore. 

Lo ha detto anche Obama: «Non diventate cinici, non pensate mai di non poter fare la differenza».

Iniziate la giornata di oggi con questa certezza, a volte si perde, ma quando mai la strada di ognuno di noi è stata una linea retta senza salite, discese, inciampi, bivi e cadute? Scrolliamoci la polvere di dosso, alziamo la testa, facciamo la nostra parte per cambiare ciò che non ci sembra giusto, miglioriamo questo mondo. Si può e si deve fare. Più il momento sembra oscuro, più non bisogna avere paura e rimboccarsi le maniche. Impariamo a prendere le difese di quei diritti che sono e devono continuare ad essere inalienabili, impariamo a non voltarci dall’altra parte davanti a una menzogna, un’ingiustizia. A far sentire la nostra voce e il nostro sdegno non solo nelle giornate cruciali, ma quotidianamente, con la stessa energia. Con alcune consapevolezze: continueremo a camminare e andremo avanti. Nulla si distrugge, tutto si trasforma.

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