In Europa, l’Italia si colloca in una posizione di primo piano nelle tematiche strategiche della green economy.

Si sono conclusi da pochi giorni gli Stati Generali della Green Economy 2016 – L’Italia In Europa e nel Mondo, momento nel quale è stata presentata una relazione dettagliata attraverso 16 indicatori chiave per 8 tematiche strategiche che, alla fine dei conti, portano l’Italia al primo posto in Europa (considerando i principali paesi Regno Unito, Francia, Spagna, Germania e Italia appunto):

4 medaglie d’oro: nella quota raggiunta di rinnovabili sul consumo finale di energia, nel riciclo dei rifiuti speciali, nelle emissioni pro-capite di CO2 nei trasporti e nei prodotti agroalimentari certificati.
3 medaglie d’argento: nell’efficienza energetica per unità di Pil, nella produttività delle risorse e nell’agricoltura biologica.
5 bronzi, in una posizione quindi intermedia della classifica: nella riduzione dei gas di serra dal 1990, nel riciclo dei rifiuti urbani, nell’ecoinnovazione, nella estensione dei siti naturali tutelati, nel traffico merci terrestre.
– Abbassiamo la media con tre penultimi posti, quindi dove si registrano importanti ritardi sui quali bisogna lavorare: nel miglioramento dell’efficienza energetica negli ultimi dieci anni, nella crescita delle rinnovabili negli ultimi tre anni e nel consumo di suolo.
– Un solo ultimo posto nella crescita dei gas serra nel 2015 che desta preoccupazioni per il futuro e richiede misure di correzione anche in vista dei maggiori impegni previsti dall’attuazione dell’Accordo di Parigi. Vuol dire che dal 1990 al 2015 siamo andati bene, nell’ultimo anno peggiorati.
(dati interamente presi dalla Relazione sullo stato della Green Economy).

La somma di questo medagliere ci porta ad essere il Paese europeo con l’andamento globale migliore in fatto di economia sostenibile & co.

Quindi?

A parte darci pacche sulle spalle, noi e le aziende italiane che si sono impegnate (ma non è mai abbastanza e su alcuni punti siamo in bilico), cosa emerge?

Emerge che, sebbene nelle performance siamo adeguati  32esimi nella scala mondiale – la percezione della nostra leadership a livello di cambiamento climatico precipita al 68esimo posto. Anche se siamo i primi in Europa, continuiamo ad essere gli aho aho pizza mafia e mandolino.

Perché?

Perché i nostri media e il nostro Governo dimostrano scarso interesse per l’argomento, forse perché ci sono da risanare anche altre cose, ma il risultato è che non percependoci forti, non investono su di noi.
Non sappiamo promuovere le nostre eccellenze in ambito green economy. Tanto meno ci investiamo.

Siamo infatti al 41esimo posto per quanto riguarda il mercato degli investimenti per la green economy (analizzato secondo: investimenti nelle rinnovabili, nuove imprese e brevetti green, rendicontazione della sostenibilità delle maggiori aziende, disponibilità di dati e informazioni green per gli investitori) perché il mercato internazionale ci percepisce così.
“Gli sforzi del nostro Paese verso un’economia più sostenibile e la vitalità dei vari settori della Green Economy italiana all’estero sono ampiamente sottovalutati. La Germania invece gode di una considerazione migliore a fronte di performance inferiori a quelle italiane”.

Brutto, eh? E allora cambiamo.

Noi lo abbiamo dichiarato dalla prima riga di Pollyanna, e oltre a darci pacche sulle spalle tra di noi, pensiamo che sia il nostro atteggiamento italiota a doversi modificare, a vedere il bicchiere mezzo pieno dove è mezzo pieno, e a valorizzare quel che di buono e ottimo produciamo. E continuare a lavorare per migliorarci, riempire il bicchiere dove è mezzo vuoto.
Siamo ottimisti consapevoli, non sprovveduti.

Prendiamo esempio dalla giovane Christina Aguilera, che nonostante l’adolescenza, cantava senza pudore la sua bellezza.

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