Rivalutiamo la gentilezza e la cortesia. Basta con questa più o meno silenziosa approvazione degli scorbutici, di chi risponde male senza motivo oppure non risponde.

Troppo spesso, crescendo, mi sono trovata davanti persone che affermavano candidamente davanti a certi atteggiamenti per me semplicemente maleducati che: “ormai non c’era più bisogno di certe convenzioni borghesi”. Sarà, ma non mi sembra che con questo modo di pensare si siano fatti grossi passi in avanti. Anzi.

Viviamo in un mondo in cui addirittura ci si è trovati a discutere sul concetto di buonismo e ad additare come tale chi adotta un pensiero ragionevole, una qualsiasi riflessione in grado di andare oltre il raglio della rabbia e la superficialità del commento. Qualsiasi cosa non sia circoscritta nel perimetro dell’insulto o che abbia il marchio del sarcasmo diventa buonismo. Una parola sacra, quella di “bontà”, costretta in un contesto del tutto estraneo. E le parole, non mi stancherò mai di ripeterlo, sono importanti. Come diceva il Maestro Yoda:

La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza

Le fasi della paura, dell’ira, dell’odio per molti sono passate. Siamo dentro la sofferenza, quindi bisogna ricominciare dalle parole e dai gesti. E stiamo sottovalutando la gentilezza e la cortesia. E sì, cavolo, anche l’educazione. Quella che non c’entra niente con la borghesia e la formalità, ma moltissimo con l’umanità. Con ognuno di noi.

Impariamo a dire grazie, a sorridere, a chiedere scusa, a comportarci in maniera gentile. La gentilezza, lo so, è una parola impopolare. Ma non lo sono i suoi risultati. Sono immediati e tangibili. Un atto di gentilezza può trasformare una giornata da sopportabile a piacevole in un attimo. Perché essere gentili significa mostrare agli altri che li vediamo e li ascoltiamo, che loro contano davvero. Ed è sexy. Ad esempio, avere la sicurezza di guardare qualcuno dritto negli occhi e parlare come suo pari, a prescindere dal sesso, dalla razza o dall’identità sessuale, quella è gentilezza. È un piccolo gesto volto a mostrare all’interlocutore che lo accettiamo. È desiderare di fidarsi perché se finisce la volontà di comprendersi finisce la civiltà.

Poi, per carità, essere autentici, essere sinceri, può significare, a volte, dire le cose in un modo niente affatto gentile o per lo meno quello è il rischio. Ma credo ci si possa far valere anche senza usare un modo aggressivo di dire le cose almeno in un buon 90% dei casi.

Proviamoci, almeno per un giorno. Del resto lo  diceva anche Rosseau:

Quale saggezza puoi trovare che sia più grande della gentilezza?

 

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