Quando vediamo un neonato sorridere ognuno di noi si scioglie. Ci dimentichiamo però, o non sappiamo, una cosa fondamentale: quel sorriso non è spontaneo. Ebbene sì, solo tra il sesto e il nono mese di vita il sorriso di un essere umano diventa selettivo.

Prima è un riflesso incondizionato e soprattutto un’arma di sopravvivenza. Eh già, la natura ci spinge da neonati a sorridere per sopravvivere.

Quando l’ho scoperto (non molto tempo fa, confesso) per me è stata una vera epiphany. Pensateci bene: da neonati siamo perfettamente consci dell’importanza del sorriso e poi da grandi ce ne dimentichiamo e andiamo in giro con le nostre facce tristi da persone serie.

Che stupidaggine! Bisogna sorridere non perché poi la vita ci sorrida, ma perché sorridere è vitale.

Da grandi, come da neonati. Un esserino minuscolo sa istintivamente che se sorride sarà più facilmente preso in braccio, coccolato, sfamato, cambiato etc… insomma, soddisferà i propri desideri. Poi l’esserino cresce e pensa di realizzare i propri desideri, a quel punto sempre più grandi e complessi di necessità fisiche, dimenticandosi di mostrarsi al mondo nella sua forma migliore e di essere gentile. E pensa (pensiamo) di riuscirci?

Eh no cari miei, il sorriso è fondamentale per sopravvivere anche da adulti. E davvero non si tratta di formalità e smancerie inutili. Sorridere allunga la vita, lo dicono numerosi studi, ma soprattutto rende sicuramente le cose più semplici.

E come se no bastasse quando il sorriso diventa l’anticamera della risata si trasforma anche nel nemico perfetto di tutto ciò che è costruito e artefatto e fa crollare in un attimo l’edifico ingombrante dell’apparenza.

Stamattina uscite a testa alta, senza dimenticarvi di sorridere. Sarà tutto più facile, è una promessa.

Toglimi il pane, se vuoi,
toglimi l’aria, ma
non togliermi il tuo sorriso.

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

(Pablo Neruda)

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