Fabio Fognini ha battuto a Roma Andy Murray. Erano dieci anni che un tennista italiano non batteva il numero uno al mondo (dall’incontro tra Volandri e Federer), ma c’è una storia più bella dietro questa comunque buona notizia.  Fognini sta per diventare papà. Sua moglie Flavia Pennetta (sì, la tennista) è a Barcellona e il parto è questione di giorni, forse ore.  Cosa succederebbe se dovesse arrivare una chiamata dalla Spagna? Fognini lo ha detto chiaro e tondo: «Se squilla il telefono parto».  Eh sì, il tennista partirebbe rinunciando romanticamente al torneo.

Che nella vita ci siano delle priorità è indubbio, ma a volta facciamo davvero fatica a scegliere dove vogliamo essere. Spesso davanti a due cose (se sono belle ancor di più) rimaniamo immobili, bloccati nell’errore più grande: la non scelta. Dovremmo invece imparare da Fognini anche perché la storia ci dimostra che la sorte è dalla parte degli audaci. Sempre.

Eh già, perché Fognini non sarebbe il primo a diventare padre durante un torneo e a stupire tutti scegliendo la “fuga d’amor”.

Andrei Pavel nel 2002 aveva raggiunto per la prima e unica volta i quarti a Parigi, il suo miglior risultato di sempre. Sua moglie Simone in quei giorni stava per dare alla luce il loro secondogenito (tre anni prima era nata Caroline Elena) e Pavel non sarebbe mancato al lieto evento per nulla al mondo. Il martedì sera della seconda settimana del torneo, il romeno era sceso in campo per il quarto di finale contro Corretja. L’incontro venne sospeso per pioggia. Il parto della moglie era imminente e Pavel non ci pensò due volte. Prese un’auto e raggiunse Simone in Germania, dove vivevano, sobbarcandosi otto ore di viaggio con il rischio di non riuscire a tornare in tempo per la continuazione del match e di essere così escluso dal torneo. Ma Pavel non ebbe dubbi nell’anteporre l’amore per la moglie e la famiglia alla possibilità di cogliere il miglior risultato sportivo della sua vita. Un po’ come sarebbe per Fabio Fognini, che al Foro Italico non ha mai brillato e che sembrerebbe avere un’opportunità più unica che rara per centrare una semifinale.

(Andrei Pavel e il suo rovescio, che era bello assai)

Andrei Pavel arrivò in ospedale a mercoledì inoltrato e riuscì a tenere in braccio il suo piccolo Marius. Un momento che lo avrebbe ripagato di qualsiasi mancata vittoria parigina. Poi Giove Pluvio dovette intenerirsi per una così bella storia e inondò di pioggia il Roland Garros anche per tutto il mercoledì. Cosicché la prosecuzione del match interrotto slittò al giovedì. Salutati e abbracciati la moglie e il piccolo Marius, Pavel si rimise allora in macchina nottetempo. Altre otto ore a tutta birra, e con tanti caffè per tenersi sveglio, giusto il tempo per arrivare al Roland Garros all’alba. I cancelli erano ovviamente chiusi. Lui parcheggiò allora lì davanti. I primi che arrivarono lo trovarono addormentato, già vestito da tennis e avvolto in un accappatoio lì davanti. Più o meno sveglio, il buon Pavel, si trascinò fino a un divano della lounge dei giocatori e si riaddormentò anche lì. Poi però gli toccò tornare in campo contro Alex Corretja.

Risultato? Non ve lo dico perché il risultato del campo è l’ultima cosa che importa.

L’importante è riuscire ad essere dove si vuole nel momento giusto. E se si vuole, ce la facciamo sempre. In un modo o nell’altro.

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