Domenica sera ho (mezzo) seguito l’ultima partita di Totti, nonostante non sia una tifosa, non segua il calcio (a parte se gioca la Nazionale) e quando la Roma cambia maglietta, nemmeno la riconosco. Per dire che non mi interessa proprio.
Quando la partita è finita e i figli di Totti sono andati ad abbracciarlo come previsto le lacrime hanno cominciato a scendere e hanno seguitato per tutto il suo ultimo giro attorno al campo e in quel bizzarro discorso finale.
Poi mi sono lavata la faccia e sono uscita a cena.

Aprendo Facebook il giorno dopo ho letto solo post sul Capitano, post eterogenei da milanisti, juventini, fiorentini e pure uno che tifa Ternana. Il giorno seguente, anche. Però qualcuno cominciava a manifestare scontento per il troppo clamore causato da questo addio, qualcuno che ha accennato a un “sì va beh, tirava solo calci a un pallone”, altri “e i bambini che muoiono di fame?”, altri ancora “e sputava pure in campo”.

(In effetti circola da così tanto che i suoi video sono vintage)

A me su Facebook generalmente dà fastidio quasi tutto, mentre lo sbandieramento prolungato e indistinto di Totti no. E questo fatto che non si trattasse di un fenomeno solo riconducibile ai suoi tifosi diretti mi ha fatto riflettere un po’ (meno del tempo impiegato da Totti per fare il giro dell’Olimpico) sul perché di tutto questo afflato.

Chiunque abbia fatto un po’ di sport – a qualsiasi livello – credo che abbia provato la dedizione, il senso di appartenenza, la fatica, i traguardi, il senso di comunità che si crea con la squadra (o con la società, la palestra, o quello che incontri tutti i giorni al parco che corre alla tua stessa ora etc) la gioia, l’esultanza, l’orgoglio, tutte quelle cose che Totti e la sua ventennale carriera con la stessa maglia addosso hanno rappresentato.

Allo stesso modo, quando alle Olimpiadi qualcuno viene premiato, chiunque di qualsiasi nazione, mi commuovo. Quello che mi fa più piangere è il podio di ginnastica artistica.
Se poi gli atleti stessi si commuovono, per me non c’è scampo e singhiozzo. Gli atleti ad alti livelli mi commuovono, insomma.
Fare sport fa bene e ci rende tutti più sensibili.

La mia riflessione era pressoché finita qui, ma il Buondì così è un po’ corto e allora vado avanti nel cercare di chiarire, soprattutto a me stessa, come mai Totti sia tanto amato anche da chi di calcio non si appassiona.

  • Un po’ perché il Pupone è rimasto genuino, per essere l’Ottavo Re di Roma.
    Anche per Maldini ci fu commozione, ma Maldini non era simpatico come Totti, non era auto ironico, era molto più bello, era più giovane e non era l’unico Maldini. Manco me lo ricordo il suo addio. Quando sarà il turno di Ronaldo, sarò contenta per quanto mi sta antipatico, per dire.

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Totti ha sempre giocato come giocano a calcetto quei padri, mariti, fratelli che, cascasse il mondo, si trovano sempre più attempati e grassocci ed entusiasti al loro appuntamento fisso settimanale. A Totti piace proprio calciare il pallone, si diverte, si vede benissimo.

E ci dispiace, perché averlo guardato salutare la sua squadra, il suo campo e i suoi tifosi controvoglia poi è stato ancora più straziante, un po’ come vedere un cavallo abbattuto per una zampa rotta. Poverino. Anche questo crea empatia in chi non ha il cuore di pietra.

  • Perché i suoi scherzi sono molto buffi, secondo me.
  • Ed è anche perché: Totti che lascia il calcio giocato a 40 anni siamo noi ogni volta che terminiamo un ciclo: c’è malinconia di quella bella perché il ciclo è stato memorabile, c’è dell’amaro, perché con ogni probabilità quello è un capitolo chiuso e poi c’è la consapevolezza che nonostante tutto, tra una settimana, un mese o due non avremo più il magone ripensando a quel momento.
  • E infine, perché uno che sembra tonto ma fa quella geniale cosa del shh, quattro e a casa, non capiterà di nuovo con facilità.
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