“Ovunque lei sia stata, QUELLO era l’Eden”.
Mark Twain, Il Diario di Adamo ed Eva.

Purtroppo quando avevo sette anni ho preso la brutta abitudine di leggere Topolino dall’ultima storia, e questa brutta abitudine fa sì che io legga anche il giornale a partire dal meteo, e i romanzi non riesco a non aprire l’ultima pagina e buttarci l’occhio. Che per me le fini sono un casino, e se un libro mi sembra riuscito anche all’ultima pagina, allora varrà anche la prima, di solito.
Ma la fine di Adamo ed Eva più o meno la conosciamo, quello che ci manca è la loro storia: come si sono incontrati, cosa hanno pensato l’un dell’altra, come è stata la loro vita coniugale, l’arrivo di Caino e Abele…
Mark Twain, arguto e ironico come sempre, ce lo racconta nella forma de Il Diario di Adamo e di Eva, che in origine erano due diari separati, ora si trovano anche insieme (e io consiglio di leggerli insieme).
Il Diario di Adamo ed Eva è una lettera d’amore dissacrante e divertente.
Da una parte c’è Eva, curiosa come una scimmia, e un po’ dispotica. Un dispotismo giusto. Adamo è in balia di Eva, prima la sfugge, poi non può farne a meno.
Vivono la stessa vita, creati nell’Eden e senza nulla da fare, in apparenza, ma le loro versioni sono sempre agli antipodi, ad esempio,
Adamo: “Vorrei che non sapesse parlare; parla in continuazione”.
Eva; “Visto che era timido, è toccato a me occuparmi delle chiacchiere, ma lui non se ne è risentito”.
Tipo così. Oppure,
Adamo: “Dice che sembra un parco e che non somiglia a nient’altro che a un parco. Di conseguenza, senza consultarmi, è stato rinominato PARCO DELLE CASCATE DEL NIAGARA. E per me questo è proprio una prepotenza. E già c’è un cartello: “Non calpestate l’erba” La mia vita non è più felice come una volta”.
Eva: “Ultimamente mi sono completamente accollata il compito di dare un nome alle cose e il mio gesto lo ha molto sollevato, perché non è troppo dotato sotto questo aspetto e di questo mi è, in maniera evidente, grato. Non è in grado di farsi venire in mente un solo nome razionale che lo riscatti ai miei occhi, ma io faccio in modo che non si accorga che so di questo suo difetto”.

E l’inizio è così, leggero, buffo, un inizio che ci ricorda che i codici genetici maschili e femminili sono uguali al 99%, ma quell’1% influenza ogni cellula dei corpi di qualsiasi genere e ci fanno pensare quelle cose che i maschi vengono da Marte e le femmine da Venere (ma se volete essere più accurati, consiglio “Il cervello delle donne” di Louann Brizendine).
Tutte quelle cose che quando vorremmo spaccare la faccia al nostro partner se quello ritiene futile una questione che a noi sembra di vitale importanza, e viceversa, dobbiamo parlare ore ed ore al telefono con un confidente per giungere alla conclusione “sì, ma lui/lei è un uomo/donna”. I nostri cervelli sono biologicamente differenti, abbiamo ormoni in quantità diverse e differenze strutturali.

E quando si fa pace con questo, quando riusciamo a vedere che l’uomo è lento ma fa i progetti a lungo termine che ci includono, mentre noi facciamo un sacco di progetti subito ma poi ci manca l’emozione del primo bacio, quando ci allineiamo con le nostre differenze e le facciamo diventare una forza anziché un motivo di litigio costante, è allora che Mark Twain ci racconta la preghiera di ogni uomo e ogni donna, che fa commuovere e riflettere. Riflettere anche che è stato pubblicato nel 1904 e non tutto va preso alla lettera.

Il Diario di Adamo ed Eva è il libro che più ho regalato ad amici e amiche, perché è un’inizio di educazione sentimentale che non sempre si ha, non sempre si ha il tempo per riflettere sulla nostra vita, su come sta andando avanti, su cosa stiamo lasciando indietro.

diarioadamoedeva

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