Qualche giorno fa avevamo detto che l’errore non esiste, e che comunque è bene non aver paura degli errori perché sono vita.

Oggi vogliamo contraddirci e non solo affermare che l’errore esiste, ma che è pure un fatto meraviglioso. Perché la somma dei nostri errori è la nostra consapevolezza. O meglio, noi siamo la somma dei nostri errori.
Scomodiamo i latini per dimostrare la vastità del termine che deriva da errare, vagare, deviare, sbagliare: lasciamo la strada maestra, ci perdiamo, ma magari quel sentiero è più grazioso, anche se più lungo, e durante quella deviazione non prevista impariamo cose nuove. Gli errori non solo ci insegnano sempre qualcosa, ma ci spingono a esplorare nuove vie per raggiungere ciò che ognuno di noi considera giusto. Magari per rimetterci sulla retta via dobbiamo imparare a guadare un fiume, scalare un monte. Ci arriviamo poi, un po’ più sudaticci ma presi bene perché ce l’abbiamo fatta.

Prendiamo il giocoliere o l’equilibrista, due delle categorie più esposte all’errore. Chi di voi non ha mai visto un giocoliere al quale non cade una pallina, un birillo? Un equilibrista che non sta in equlibrio?
Io ne ho visti a bizzeffe.

(Li ho visti da vicinissimo!)

(Li ho visti da vicinissimo!)

(Eccone altri)

(Eccone altri)

La giocoleria è l’arte che consiste nel lanciare oggetti per aria, e di riprenderli. Ma cosa fa il giocoliere mentre è in una piazza, il pubblico in piedi a semicerchio, lui giocola con 5 birilli e poi, paf, un birillo casca a terra? Si china, raccoglie il birillo e ricomincia. Magari ricade. E noi che lo guardiamo ci sentiamo anche un po’ in imbarazzo per lui. Però intanto il giocoliere ha imparato a tirare su il birillo con il piede, e non dovrà chinarsi ancora. E l’applauso di cuore del pubblico scatta quando sentiamo la sua tenacia. Non quando dice: vabbè, cambio, e sale sul monociclo.

Il giocoliere non fallisce quando gli cade un attrezzo, ma quando non si china a raccoglierlo.

Questo probabilmente lo ha detto un giocoliere costantemente con la mani a terra, ma rende l’idea.
Non erriamo nello sbagliare, ma nel passarci sopra.

Chi invece ci passa sopra impunemente, perché da sempre amato dagli dei, è il matto. I matti sono quelli che camminano con il naso per aria e lo sguardo vago e vispo. O con i piedi in aria. O che camminano sul filo. Sono quelli che ci urlano in faccia la verità mentre aspettiamo l’autobus e pensiamo ai fatti nostri. Magari puzzano.
Le divinità da sempre prediligono i matti e i folli ed è per questo favore che non hanno paura di inciampare e procedono nella loro strada, errando dritti, per aspera ad astra (un’altra citazione latina, suggeritami dal mio papà saltimabanco, di Cicerone: attraverso le asperità sino alle stelle).

E concludo con un articolo di Repubblica: una settimana esatta fa moriva sotto le bombe governative ad Aleppo Anas al-Basha, un giovanissimo clown siriano che aveva deciso di rimanere tra le macerie per far almeno sorridere i bambini laggiù. Gli avevano detto che era pazzo a restare eppure:
“Anas faceva il pagliaccio in un mondo di assassini, e come il finto matto shakesperiano incarnava la verità, la speranza, la vita vera, mentre fuori i matti si ammazzano“.

È un po’ triste come finale di Buondì, ma i veri matti non siamo noi.

(Anas al-Basha, foto di France Info)

(Anas al-Basha, foto di France Info)

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