Perché il lavoro a maglia, da sempre patrimonio delle nonne, diventasse un passatempo figo abbiamo dovuto aspettare che Sarah Jessica Parker diventasse nell’ordine: figa lei stessa, star di Sex and the city e infine icona fashion.

A quel punto, paparazzata a sferruzzare in ogni dove, l’accostamento ferri da maglia – Jimmy Choo è stato inevitabile.

Ma non solo, è stato scoperto da équipe internazionali di psicologi che la ripetizione del lavoro e il presunto raggiungimento dell’obiettivo sono elementi terapeutici per la psiche e l’autostima. Vale per tutte le cose, grandi e piccole, ma lavorare a maglia è un buon inizio e un buon esempio. Almeno per me che lana e ferri spuntano spesso nei miei pensieri.

(Sarah Jessica Prker che sferruzza. Foto di blog.timesunion.com)

Io, per fare dieci centimetri di sciarpa, a quindici anni, ci ho impiegato due mesi, un principio di miopia, almeno tre sedute di ripetizioni dalla nonna, imprecazioni e isteria, e il lavoro è tuttora incompiuto, in una discarica credo.

Dai quindici anni ad adesso ho creduto che il fine giustificasse i mezzi, e mi sono sentita del tutto legittimata a raggiungere il mio semplicemente recandomi da Zara e poi bevendo del vino.
Da settembre però quando entro su Facebook vedo solo la pubblicità di un e-commerce americano di sferruzzatori a maglia, e così mi è tornata la voglia di mettermi alla prova, e mettere alla prova i miei affetti che a Natale potrebbero ricevere le mie creazioni in lana. Ho scoperto che i ferri costano una bazzeccola, la lana se non è cachemire o qualcosa anche, e che da quando esistono i tutorial queste imprese sembrano più affrontabili.

E quindi ricomincio da qui, da questo tutorial bergamasco, perché il 2017 dovrà essere l’anno in cui non lasciare progetti incompiuti per pigrizia, che poi lasciano quell’amaro in bocca e insoddisfazione di sé che farli andare via ci vuole il 2020.

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