“La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto”. Questa citazione di Charles Bukowski è ciò che sta alla base delle opere di Matteo Giuntini, 39 anni, artista nato e cresciuto a Livorno. Ogni suo lavoro nasce da un’ironica analisi introspettiva, dall’osservazione del mondo e di ciò che lo circonda, focalizzandosi sul genere umano. Un artista visionario che con i suoi eroi senza fama, crea dipinti, illustrazioni ma anche oggetti, utilizzando ogni sorta di materiale, specialmente di recupero, riportandolo a nuova vita e colore.

Ed è grazie a questa sua capacità di lasciarsi stupire dalla quotidianità, di cogliere l’infinito universo dell’umanità in ogni suo aspetto, alla sua fantasia che è riuscito a conquistare l’Europa esponendo le sue opere da Göteborg a Londra, da Milano a Berlino. Ma mai a Livorno. Fino ad adesso.  Perché giovedì 15 dicembre negli spazi espositivi Buzz Kill a Livorno, Matteo Giuntini, ha inaugurato la sua mostra personale Dente Perdente.

Opere su tela, sculture in legno, disegni su carta ma anche installazioni multimediali che dialogano con l’ambiente espositivo creando raffinati giochi di ombre. Fra illustrazione e scenografia, l’arte di Matteo Giuntini si concentra sulla figura umana. Utilizzando le tecniche seriali sviluppate dalla Pop Art, Giuntini sperimenta con elementi tipici del grottesco e del surrealismo dando vita ad un teatro tragi-comico, fatto di corpi sproporzionati, abnormi dettagli umani, maschere dai tratti folkloristici.

Una mostra che vi consigliamo di non perdere nel caso doveste passare in quel di Livorno, perché Matteo Giuntini è un artista da conoscere.

(Matteo Giuntini nel suo atelier)

È lo stesso titolo della mostra a richiamare la nostra attenzione su una parte del corpo umano dall’alto contenuto simbolico. Secondo Hermann Strobel, medico analista al “C. G. Jung-Institut” di Zurigo, i denti rappresentano in ciascuno di noi la “soglia” tra il dentro e il fuori, tra passività e attività, tra subire e intervenire attivamente nella realtà. I denti, infatti, si rigenerano, si deteriorano, marciscono ed infine cadono scandendo infanzia, adolescenza, età adulta e vecchiaia. Dente Perdente è quindi una metafora del cambiamento fisico e delle inevitabili conseguenze psicologiche che esso produce; una sorta di legge del taglione naturale che impone lo sviluppo e la decadenza del corpo.

 Inoltre, perdere un dente, nell’immaginario collettivo e’ sinonimo di malaugurio. Dente Perdente è un anatema che lo stesso artista che ci spiega così

«Dente perdente suona nell’arrivo della cattiva sorte che aleggia nell’ombra e spesso, noi ambiziosi di cambiamenti che migliorino la nostra vita ci troviamo a combattere con essa. La Cattiva Sorte, come ne ‘I Malavoglia’ di Verga, che colpisce i pescatori della  barca “provvidenza” che muoiono per la bramosia del cambiamento da pescatori a venditori di lupini».

(Il dubbio estetico dell’Aquila / 80 x 80 tecnica mista su tela / 2015)

 Le opere dell’artista in mostra a Buzz Kill riproducono proprio mutamento percettivo che la casualità introduce nelle nostre vite, rappresentando un tentativo di convivere con i mutamenti imposti dalla natura e dagli eventi esterni. Perché’ il Kaos non si comanda. O meglio, come diceva Karl Kraus, ben venga il caso, perché l’ordine non ha funzionato”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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