Good morning America,
e buondì al resto del mondo!
Dal 1933, il 20 gennaio è l’Inauguration Day, il giorno insignito per l’insediamento dei presidenti eletti degli Stati Uniti d’America (fino al 1798 cadeva invece il 4 marzo): oggi dunque Trump si recherà al Campidoglio e giurerà sulla Bibbia con la formula prevista all’articolo II, sezione 1 della Costituzione: “Giuro [o dichiaro] solennemente di adempiere con fedeltà all’ufficio di presidente degli Stati Uniti, e di preservare, proteggere e difendere la Costituzione al meglio delle mie capacità. (Dio mi aiuti)”
E che Dio aiuti anche noi, a dirla tutta.
Questo “Dio mi aiuti” è suscettibile a modifiche, c’è chi lo dice, c’è chi no, Teddy Roosevelt per esempio optò per il no.

Subito dopo il giuramento, si susseguiranno quattro rulli di tamburi e fanfare e l’inno Hail to the Chief, un’allegra canzoncina dal ritmo marziale.

Prestato il giuramento, è il momento del discorso, e lì va un po’ alla creatività del presidente mantenere alta la soglia di attenzione nel pubblico.
Un escamotage è quello di essere concisi, cosa che riuscì benissimo a George Washington nel suo secondo discorso (135 parole, meno di quelle scritte da me sin ora), molto meno a Harrison (8.495 parole).
A tal proposito è doveroso ricordare la drammatica ironia che si abbatté  sul prolisso presidente Harrison, eletto nel 1841 dopo una campagna elettorale in cui si era accostato all’immagine di “uomo della capanna di tronchi e del sidro forte”.
Il giorno del suo giuramento pioveva e faceva freddo, ma poiché incarnava l’ideale dell’uomo duro, forte e rude, decise di non temere le intemperie e non proteggersi da esse nemmeno con una spartana mantella, e tediare il pubblico per ben 2 ore di discorsi retorici, ore che gli furono fatali. In quell’occasione infatti contrasse una forma di polmonite fulminante che lo portò dritto alla tomba nel giro di un mese.
Less is more.

Tra i meglio riusciti c’è sicuramente quello di J.F. Kennedy che infuocò la folla con queste parole:
“Dunque, miei concittadini americani, non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese. Concittadini del mondo, non chiedete cosa l’America può fare per voi, ma cosa possiamo fare, insieme, per la libertà dell’uomo.”

L’Inauguration Day proseguirà con il pranzo, e infine con la sfilata del presidente lungo Pennsylvania Avenue, dal Campidoglio alla Casa Bianca.
A quel punto i giochi saranno fatti e Trump sarà ufficialmente il nuovo inquilino della Casa Bianca.

Seguirà il ballo di inaugurazione, ben tre a dire il vero, durante i quali diverse organizzazioni e cariche dello Stato verranno a rendere omaggio ai Trump.
Si narra che per il ballo di Ulysses S. Grant, nel 1873, per vivacizzare l’atmosfera qualcuno ebbe l’idea di avere dei canarini nella sala da ballo che cinguettassero la loro gioia. Qualcun’altro però dimenticò di riscaldare la suddetta sala: gli invitati non si levarono mai i cappotti, il cibo fu servito freddo e i canarini furono trovati morti congelati nelle loro gabbie.

Se volete seguire la diretta streaming della cerimonia (verso le 18 ora italiana): canale Youtube Right Side Broadcasting o qui, per esempio.

Certo, non ci saranno Beyoncé, Lady Gaga, Stevie Wonder e Aretha Franklin come per Obama, non è neanche detto che ci sia qualcuno perché Trump sta facendo fatica a trovare artisti che si prestino a lui – o anche che si vendano a lui – ma insomma, è comunque un evento storico epocale oltre ad essere il primo presidente arancione degli Stati Uniti d’America.

E domani è un altro giorno, God bless America e stiamo accuorti.

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