Sheryl Sandberg, direttore operativo (COO) di Facebook, la scorsa settimana ha comunicato, con un lungo post pubblicato sullo stesso social network, l’iniziativa dell’azienda di concedere ai suoi dipendenti 6 settimane di ferie, a cui devono aggiungersi 4 mesi per le mamme e i papà dopo la nascita del figlio, 20 giorni di congedo in caso di un lutto familiare, e 3 giorni per malattia anche lieve di un proprio parente. La svolta etica risponde al “bisogno di politiche pubbliche che rendano più facile per le persone prendersi cura dei propri figli e genitori che invecchiano e per le famiglie piangere e guarire dopo una perdita” afferma la Sandberg.

Questa è solo l’ultima buona notizia che si inserisce nel panorama di cambiamento che sta coinvolgendo aziende e governi in diverse parti del mondo e che sicuramente contribuirà allo smantellamento del mito del ‘superlavoro’.

Workaholic: disturbo ossessivo-compulsivo da dipendenza dal lavoro.

Karoshi e Karojisatsu: termini giapponesi che significano, rispettivamente, ‘morte per eccesso di lavoro’ (collegata a malattie cardiovascolari per eccessivo sforzo e stress) e ‘suicidio per eccesso di lavoro’.

Sindrome di Burnout: esaurimento emotivo che colpisce gli addetti a professioni che implicano un coinvolgimento emotivo profondo con i disagi degli utenti (assistenti sociali, poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, fino ai consulenti fiscali, avvocati, insegnanti).

Il troppo lavoro fa male, ma così male che una ragazza di 24 anni, Matsuri Takahashi, questo dicembre si è suicidata per le 105 ore di straordinari al mese che era arrivata ad accumulare nell’azienda giapponese Dentsu.

Il troppo lavoro ammala, il corpo si trova costretto in una morsa, da una parte, la vita stressante, dall’altra, la scarsa cura che gli si dedica per mancanza di tempo.

Insomma, con buona pace di Marissa Mayer,  – il cui successo sembra sia dovuto ad una settimana di 130 ore di lavoro e poche pause, prestabilite al minuto, per dormire, fare la doccia e andare in bagno – e del signor Impiegato Modello di Sanremo – che, a dispetto della nostra intoccabile ed intoccata costituzione, in 40 anni ha accumulato 239 giorni di ferie non godute – lavorare oltre un certo limite è sbagliato.

Ma allora perché non lo consideriamo tale?

Non parlo dei ‘Mayer’, che loro almeno sono milionari, ma mi chiedo perché le persone comuni che lavorano troppo non si percepiscono al pari di chi subisce una violenza o un’ingiustizia?

Anzi, quando per la millesima volta ti risponde ‘scusa ma devo lavorare’, quando si lamenta di stare trascurando un malessere fisico, quando racconta di aver saltato la gara di nuoto del figlio, quando ammette che è da mesi che vorrebbe passare una domenica a casa, la persona comune che lavora troppo si lamenta sì, ma lascia trapelare una punta di vanto.

Forse tutto questo ha a che vedere con una certa esigenza di riscatto. Venuta meno la qualità del lavoro, spesso mal retribuito o non retribuito affatto, si pensa che la quantità possa sopperire. 

Quando ho iniziato a lavorare ricordo che alla fine del primo mese, nonostante fossi contenta di fare quel che facevo, mi preoccupai: se 12 ore le passo qui dentro ed 8 ne dormo, come possono succedermi delle cose?

Ed avevo ragione, dato che Einstein sembra abbia detto che “se non si perde tempo, non si arriva da nessuna parte”.

Ecco, quello che mi auguro è che prima o poi qualcuno si accorga che per ottenere il risultato migliore non è utile, anzi è controproducente, dedicare tutta la propria vita, in termini di tempo, al lavoro.

Ma in un contesto in cui avere un lavoro è tutt’altro che scontato il limite può calare solo dall’alto, perché chiedere la rivoluzione a chi si sente un miracolato è pura utopia.

Allora, ecco finalmente la buona notizia: la moda sta cambiando!

  • Il Governo giapponese ha promosso l’iniziativa del “Premium Friday”, le aziende danno un venerdì festivo ogni mese ai dipendenti.
  • Yahoo, sempre in Giappone, ha deciso di allungare stabilmente il weekend a tre giorni, spiega il portavoce Megumi Yagita a Bloomberg, l’azienda si augura così “che fornire più libertà ai nostri dipendenti su come organizzare il proprio lavoro permetta loro di scegliere e condurre uno stile di vita migliore, per lavorare meglio e migliorare anche la produttività”.
  • La Toyota di Göteborg, in Svezia, da 13 anni ha adottato la giornata lavorativa di 6 ore, come anche la Filimundus, di Stoccolma, l’anno scorso, dove il CEO Linus Feldt racconta come “Il giorno di lavoro di otto ore non è così efficace come si potrebbe pensare. Rimanere concentrati su un compito specifico per otto ore è una sfida enorme. Per rendere la giornata più sopportabile si finiscono per fare tante cose allo stesso tempo e si fanno pause. Allo stesso tempo non si riesce a gestire al meglio la propria vita privata al di fuori del lavoro”.
  • Lo stesso Governo svedese ha deciso di sperimentare la giornata lavorativa di sei ore nella casa di riposo pubblica di Svartedalen. La ricerca è stata condotta dalla facoltà di Economia di Göteborg, con esiti decisamente positivi.
  • E infine sì, ci siamo anche noi, perché a Napoli oggi le serrande dei negozi chiuderanno alle 18.00 con il cartello “Chiuso pe Champions”!
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