Le parole sono importanti. L’ho scritto e riscritto e detto e ridetto non solo a voi, lettori di Pollyanna. E di conseguenza lo sono anche le lingue.

Io ho da sempre una specie di ossessione a riguardo. Se davvero un giorno riuscissi a trovare la lampada di Aladino sicuramente userei uno dei tre desideri a disposizione chiedendo di saper parlare tutte quelle della Terra. Quante sono? Secondo Ethnologue, il più grande inventario delle lingue mondiali al mondo esistono 6.912 lingue e si stima che in questo calcolo manchino dalle 300 alle 400 lingue comprese nelle zone del Pacifico e dell’Asia. Tuttavia, 3.500 di queste hanno un numero di parlanti molto esiguo (160 ne hanno solo 10) e circa 516 stanno per sparire. E io trovo che sia un gran peccato, perché così come la scomparsa di alcune parole mi ferisce (ne approfitto per ringraziare pubblicamente la pagina Facebook Parole Desuete che consulto nei momenti di sconforto maggiori) il sapere che presto spariranno altre intere lingue – come è già successo nella storia – mi distrugge.

Da fiorentina nata da genitori fiorentini non ho mai avuto l’onore di parlare neanche un dialetto in famiglia e lo dico con forte dispiacere. Uno dei miei passatempi preferiti durante l’adolescenza era pronunciare una frase in italiano e poi sentirla ripetere dai miei amici nei loro dialetti/lingue: dal milanese al palermitano, passando per la lingua arbëreshe. La lingua, il dialetto, come molti altri elementi culturali, devono essere preservati e rispettati, perché sono un fulcro dell’identità di ogni popolo, un luogo, in qualche modo, in cui si riversano tradizioni, costumi, radici materiali e immateriali.

Oggi è per me una bella giornata perché ho scoperto che c’è un’organizzazione no profit che condivide con me un sogno: salvare tutte le lingue del mondo. È questo l’ambizioso obbiettivo dei fondatori e direttori di Wikitongues – che come moderni cercatori d’oro – vanno a caccia degli idiomi meno diffusi sul globo e che, grazie alle nuove tecnologie, provano a documentarne l’esistenza. Daniel Bogre Udell e Frederico Andrade fanno entrare nel calcolo le oltre 3.000 lingue non scritte, quelle dei segni (circa 300) e persino le lingue artificiali come l’esperanto.

Tutto inizia nel 2012 quando i due iniziano a filmare delle video-storie a Brooklyn, chiedendo alle persone di parlare nelle loro lingue d’origine; è forse il posto migliore per cominciare perché New York vanta una diversità linguistica senza eguali, con oltre 700 lingue parlate. In pochi mesi registrano tantissimi idiomi e lanciano un canale YouTube che ha immediatamente un grande successo e che oggi raccoglie 347 video (e lingue) diverse. Negli anni, Wikitongues ha migliorato il proprio lavoro e ha intercettato anche gli ultimi superstiti di lingue in via d’estinzione, lanciando persino la piattaforma Poly per mettere in relazione madrelingua con studenti di idiomi rari con l’obbiettivo di trasmetterli e salvarli. «Ai bambini viene insegnato quanti paesi ci sono e le regioni del loro paese – spiega Udell – ma nessuno gli insegna che ci sono 7mila lingue. Ancora oggi la discriminazione linguistica nei media è una cosa del tutto normale, noi vogliamo cambiare le cose».

Chiunque può partecipare e inviare video e seguire le loro pagine Facebook, Instagram e Twitter.

Vi consiglio di fare un giro sul loro sito e suoi loro social e, se avete la fortuna di parlare una lingua o un dialetto partecipare al loro progetto.

Non date per scontate la vostra ricchezza di espressione, coltivate, amate, rispettate, difendete la vostra lingua, il vostro io più profondo, la vostra radice.

P.s. Nel caso doveste trovare davvero nella vostra vita la lampada di Aladino con tre desideri ricordatevi di usarne uno chiedendo altri desideri. Magari anche qualcuno da regalare. Non si sa mai.

 

 

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