Più mense biologiche, e certificate per legge. È questo l’input che il Governo italiano dispensa agli istituti scolastici della Penisola che d’ora in avanti vorranno fregiarsi di servire prodotti biologici sulla tavola delle proprie mense. L’emendamento presentato dal ministro Maurizio Martina, in condivisione con i ministri Fedeli e Lorenzin, si inserisce nell’ambito della manovrina economica che ha appena ricevuto il via della Commissione Bilancio della Camera. E prevede lo stanziamento di 44 milioni di euro per finanziare il progetto con un fondo speciale, a disposizione delle scuole – dagli asili nido alle secondarie – che potranno dimostrare l’utilizzo di percentuali minime di prodotti bio, stabilite dal Mipaaf insieme al Ministero dell’Istruzione. Per vantare la certificazione, inoltre, le mense dovranno rispettare specifiche tecniche legate alla volontà di promuovere modelli agroalimentari più sostenibili e garantire ai nostri figli un’alimentazione più sana anche nelle scuole. Se da un lato la produzione in biologico oggi rappresenta per l’Italia un business da grandi numeri, con oltre 60mila operatori coinvolti e una richiesta crescente – che sanciscono la leadership italiana in Europa – l’universo della ristorazione scolastica è variegato e disomogeneo, di recente al centro del dibattito che vuole far riflettere sulla fattibilità di modelli sostenibili di alimentazione sana, sin dall’infanzia. Meglio se integrati da un’efficace comunicazione nelle aule.

Nel caso specifico il fondo stanziato dal Governo servirebbe proprio a ridurre i costi a carico delle famiglie, valorizzando al contempo una ristorazione scolastica trasparente e salutare.

L’emendamento, promosso dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina e condiviso con i ministri dell’Istruzione e della Salute Fedeli e Lorenzin, istituisce dunque un fondo da 44 milioni di euro, che sarà gestito dal ministero delle Politiche agricole, per ridurre i costi a carico degli studenti e realizzare iniziative di informazione e promozione nelle scuole.

La norma prevede che le scuole che vorranno attivare il servizio di mensa biologica dovranno inserire le percentuali minime di utilizzo di prodotti biologici, dei requisiti e delle specifiche tecniche, fissate dal ministero delle Politiche agricole insieme a quello dell’Istruzione.

In realtà già esistono più di 1.200 mense biologiche che servono circa un milione di pasti al giorno, l’obiettivo del nuovo emendamento è però quello di promuovere più ad ampio raggio l’uso di alimenti biologici all’interno delle scuole. Ad essere interessate saranno scuole di ogni ordine e grado: dagli asili nido alla scuola superiore.  I fondi serviranno da una parte a ridurre i costi del servizio mensa a carico delle famiglie dall’altra a promuovere e fare informazione alimentare all’interno delle scuole.

«Per la prima volta – ha sottolineato il ministro delle Politiche agricole Martina – avremo mense scolastiche biologiche certificate. Un risultato importante che si inserisce nella nostra strategia per promuovere modelli agroalimentari più sostenibili e garantire ai nostri figli un’alimentazione più sana anche nelle scuole.Con questo provvedimento  dimostriamo ancora una volta di essere all’avanguardia e di rappresentare un laboratorio di buone pratiche da condividere a livello internazionale. Con la norma si regolamenta quindi un settore che ha visto un vero e proprio boom negli ultimi anni. In Italia, infatti, sono censite ufficialmente oltre 1.200 mense che fanno uso di prodotti biologici, per un quantitativo di circa un milione di pasti serviti giornalmente. L’emendamento del Governo prevede ora che le scuole che vorranno attivare il servizio di mensa biologica dovranno inserire le percentuali minime di utilizzo di prodotti biologici, dei requisiti e delle specifiche tecniche fissate dal Ministero delle politiche agricole insieme al Ministero dell’Istruzione».

Sull’emendamento si sono espresse positivamente le associazioni del biologico in Italia. «L’emendamento incentiva i Comuni – ha sottolineato Paolo Carnemolla, presidente di Federbio a incrementare la presenza di prodotti biologici nelle mense, che dovranno essere certificate proprio come sono certificate e sottoposte al sistema di controllo europeo le 53mila aziende agricole biologiche italiane che coltivano nel rispetto dell’ambiente senza utilizzare nemmeno un grammo di concimi, erbicidi, insetticidi e anticrittogamici chimici di sintesi e le 7mila imprese che trasformano i loro prodotti di qualità senza coloranti, conservanti e altri inutili additivi, dimostrando ogni giorno come sia del tutto possibile l’alternativa di una produzione di vera qualità».

Per chiarezza è bene ricordare che una legge a riguardo già esiste, la cosiddetta Finanziaria 2000 (488/1999), che al comma 4 dell’articolo 59 impone l’uso quotidiano di “prodotti biologici, tipici e tradizionali nonché di quelli a denominazione protetta” agli enti che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere, “per garantire la promozione della produzione agricola biologica e di qualità”. Per questo, prosegue il testo, gli appalti sono aggiudicati “attribuendo valore preminente all’elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti”. Tant’è che sono diverse le regioni che hanno recepito la normativa all’inizio degli anni Duemila: Emilia Romagna, modello virtuoso per numero di adesioni, in grandi città e piccoli Comuni, e poi Friuli Venezia Giulia, Marche, Toscana, Lazio, Basilicata, Umbria, Veneto e Trentino Alto Adige. Stimolando l’ascesa della filiera agroalimentare biologica, indotta alla riconversione dalla domanda crescente di un attore di peso come la ristorazione collettiva.

Nel 2011 era stata la Regione Lombardia a condurre una ricerca sulla diffusione del biologico nelle mense scolastiche, censendo 560 Comuni sul territorio regionale, che accertava già allora l’introduzione di prodotti bio sul menu dell’82% degli istituti censiti, soprattutto alla voce frutta, cereali e legumi. Nello stesso anno, il decreto del Ministero dell’Ambiente sui Criteri Ambientali Minimi si applicava anche ai bandi di gara per i servizi di ristorazione collettiva.

E ora l’introduzione di un “bollino” di certificazione potrebbe garantire nuova linfa al circolo virtuoso.

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