È morto il sociologo Zygmunt Bauman e come tutte le volte che muore qualcuno che ha lasciato il segno i social network si sono riempiti di citazioni, pianti, commozioni di tutti seguaci. Più o meno sinceri.

Ne ho letti tanti di post, incuriosita, perché Bauman mi piaceva davvero, ma quello che mi è piaciuto più di tutti è stato quello di una mia amica che ha candidamente ammesso:

La massima lezione di Bauman sta nella sua inesauribile capacità di imparare e di ascoltare, cosa che ci dimentichiamo tutti troppo spesso.

Il post della mia amica, la sua ammissione di non conoscenza è bellissimo. Qualcosa da cui tutti dovremmo prendere spunto ogni giorno invece di giocare a fare costantemente i tuttologi. Sappiamo tutto, conosciamo tutto, abbiamo letto tutto, ascoltato qualsiasi tipo di musica e visto ogni sorta di arte e di artista.

E invece no. Sappiamo, conosciamo, abbiamo letto, visto, ascoltato qualcosa, una parte del tutto. Per fortuna, perché se no sai che noia. Credo davvero che dovremmo smettere di fingere, ritrovare il coraggio dell’imperfezione e coltivare però allo stesso tempo la curiosità di sapere.

La finzione allontana dalla realtà e porta a tutto tranne che alla conoscenza.

Le domande sono belle quando hanno una risposta. E la risposta non può arrivare sempre da noi.

E allora facciamole le domande, ammettiamo le nostre mancanze, senza paura. Smettiamo la noiosa pratica della corsa virtuale a consultare Wikipedia per non fare la figura del povero ‘gnurant, colto in flagrante in un vuoto di cultura.

Non è un caso se Google ha ormai messo come prima voce di una qualsiasi ricerca la relativa pagina di Wikipedia, qualunque sia la cosa da cercare, fosse anche una parolaccia. E basta! Siamo davvero così spaventati dall’ammettere di non conoscere qualcosa?

Eppure ci sono stati nel corso della storia grandi uomini che si sono vantati della loro ignoranza.

Socrate diceva: “Io so una sola cosa, di non sapere nulla”. Da qui il suo modo di affrontare la ricerca del vero con il dialogo e l’umiltà; merce oggi assai rara.

S. Agostino ha usato per la prima volta il concetto di “dotta ignoranza”. Esiste l’ignoranza dello sciocco, di colui che non sa e non vuol sapere; ed esiste l’ignoranza del dotto, cioè di colui che, pur conoscendo molte cose, sa che infinitamente più grande è la non conoscenza. Dunque un’ignoranza “dotta”, consapevole.

Facciamoci coraggio, ammettiamo la nostra ignoranza e riempiamoci di curiosità nell’affascinante corsa utopica verso il tutto.

Stamattina, fate un’ammissione di ignoranza e poi provate a colmarla. Starete meglio e farete stare meglio, è una promessa.

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